
Il giardino degli aranci, o parco Savello che voglia dirsi, è un luogo magico sull’Aventino. In una città come Roma dalle ville immense, questo piccolo parco è nel cuore di molti di noi per il suo panorama unico, per la sua gentile atmosfera, per i suoi alberi da frutto in fila ordinati. Parco urbano e intimo, poco selvaggio, guidato dall’uomo nella sua narrazione.
Il giardino è ad un passo dalle mie scuole superiori a Santa Prisca, e mi legano a lui i ricordi di mille giornate con gli amici, luogo ideale di appuntamento e riunione. Magari con le chitarre, magari con i panini, magari con le ragazze venute a trovarci all’uscita dalle lezioni. Era il luogo dove potevamo liberarci delle tante restrizioni di un istituto severo.
Luogo di vita dunque. Eppure anche luogo di assenze, di scomparse. Insieme a Giulio e Paolo, infatti, questa di copertina è nella mia memoria l’ultima immagine di Roberto, a cavalcioni su Gaetano. Di lì a poco un incidente in casa ce lo avrebbe portato via. Ricordi di vita e di morte in qualche modo associati a questa immagine serena e a questo luogo.
Vita e morte anche in senso figurato. Perché al giardino degli aranci, approfittando del suo essere ruffiano e romantico, ci si portavano volentieri le ragazze, le donne che si volevano conquistare. Ci portai Paola, ad esempio, nel suo viaggio dall’Argentina. E vivemmo quella breve stagione con sorpresa, e soffrimmo di una separazione troppo repentina.
E più di recente ancora una persona importante, ancora un amore nascente. Ancora clandestino e acerbo, da far crescere e consumare, ma limpido ed entusiasta come quando la vita ti sorprende e vuole farti un nuovo regalo, uno di quelli che non pensavi di meritare. Che se ci pensi capisci che in realtà tutto il tuo percorso voleva portarti lì con lei.
E fummo visti, a nostra insaputa. E ancora una volta alla gioia fu legato un dolore grande. Siamo responsabili dei dolori che arrechiamo, anche se inconsapevoli, anche se inevitabili. E dovremmo essere più sensibili nel capire ciò che accade per riuscire a comunicarlo meglio alle persone care che, nonostante l’affetto, stiamo per ferire. Prenderci l’onere.
La vita e la morte, l’inizio e la fine, la gioia ed il dolore accadono nelle nostre vite di continuo. E le cose a volte si intrecciano oltre i nostri desideri quando la gioia per gli uni è il dolore di altri. Comunque evolvono e trovano nuove dimensioni mentre il giardino degli aranci ci osserva. Lui si, come le cose importanti, non cambia e si fa ritrovare. Sempre.