La moka

La mia moka (Roma, 2019).

Come tutti, ho un paio di macchinette del caffè, di quelle antiche, le moka o moca che dir si voglia, che in realtà è un tipo di caffè. Tra queste ce ne è una che ufficialmente è da una tazzina, ma che se la stiracchi un poco ce ne vengono due. E’ lei la mia moka. Ed è con me da tanto, tantissimo tempo. Dai tempi di Terni, il mio primo lavoro e la mia prima casa, forse la prima cosa operativa che entrò tra le mura antiche di quella casa spoglia e fredda, e quel rito della mattina era forse tra i pochi momenti rassicuranti della giornata. Il mio personalissimo ‘buongiorno, andrà tutto bene’ di fronte a giornate nuove ed impegnative.

Da allora è stata con me dappertutto. E’ sopravvissuta all’acqua cinese ed all’afa coreana, alla pioggia orizzontale belga ed ai terribili fornelli elettrici americani. Lì chi veniva a trovarmi sapeva già di dover pagare pegno portando almeno un paio di confezioni di caffè nostrano per la mia felicità, ed avrei cucinato per loro i miei migliori spaghetti col tonno. Quel caffè con cui potevo sorprendere i miei amici americani o la bella di turno affascinata dal mio accento, loro abituati a brodini scuri. Non che tutti alla fine apprezzassero per davvero, ma per amor mio scoprivano insieme la magia dell’espresso in compagnia.

Non sono sempre momenti felici per la mia piccola moka. Come quando me la scordo sul fornello e, dopo aver evaporato tutto, si bruciano malamente le guarnizioni, o come quella volta che si fusero completamente la maniglia ed il pomello. Ma le cose a cui tieni non si gettano via, sono una di quelle persone che le cose le ripara. E così l’ho riparata ogni volta, con amore. Magari, se il nuovo perno non entrava, ho dovuto allargare il foro della cerniera del coperchio dopo essermi sbattuto per trovare i pezzi di ricambio più o meno originali. Ma alla fine l’ho sempre riparata, ed è ancora lì dopo tutto questo tempo, ogni mattina.

Non è una caffettiera di lusso e neanche tanto alla moda, ma ci posso contare. Non luccica, non ha lucine rosse o suonerie ad avvertire il mondo che è pronta, uso il timer del forno e va bene lo stesso. E’ una antica, piccola, tenera caffettiera di un tempo, con tutto ciò che di bello questo rappresenta. Ed è la mia caffettiera, solo mia, la più bella del mondo. Il primo pensiero al mattino, che permette alla mente di riordinarsi mentre la preparo, che ti rassicura sulla giornata. Quella che c’è sempre stata, tra i sorrisi di un’ospite preziosa che l’amava quanto me ed anche tra le lacrime. La mia piccola speciale compagna del mattino.

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