
La maggior parte dei migranti che attraversano l’Africa per raggiungere l’Europa passa oggi attraverso la Libia. Anche perché in Libia, a valle della defenestrazione di Gheddafi, non esiste praticamente un governo centrale in grado di controllare il territorio, mentre le autorità locali sono pienamente partecipi allo sfruttamento economico di questo flusso.
Il fatto grave è che ciò avviene in condizioni inumane e nell’indifferenza colpevole, se non complice, dell’Europa. Una indifferenza anche frutto di carenza di informazione perché, se tutti sapessero cosa vuol dire oggi affidarsi ai trafficanti di uomini libici, forse l’opinione pubblica non sarebbe così severa al momento di accogliere i superstiti di questa tragedia.
Francesca Mannocchi, che vive e lavora in Libia come giornalista d’inchiesta, ha scritto una intervista romanzata che racconta di come la Libia e la sua rivoluzione tradita abbiano portato a questo dramma, e di cosa voglia dire per un migrante attraversarla. Un racconto lucido e toccante per continuare a capire. Il racconto di Khaled, mercante di uomini.
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Da Goodreads sul libro
“I bambini pensano grande:
Cronaca di una avventura pedagogica ”
di Francesca Mannocchi
Il dramma di un popolo ignavo e delle sue vittime
Pensate alla Libia. Una terra di contraddizioni di cui poco sappiamo in realtà. Grande sei volte l’Italia e abitata solo da 6 milioni di persone, ricca di risorse eppure terra di emigrazione, che odia gli antichi conquistatori e si nutre delle loro televisioni, che ha combattuto il suo tiranno per ricrearne decine in miniatura, che non riesce a costruire il proprio futuro persa nelle sue guerre e in quelle degli altri mentre impalma i suoi eroi per poi tradirli nella violenza. Una terra di fronte ai nostri mari oggi simbolo contraddittorio di immigrazione crudele, fatta di campi di raccolta inumani e barconi naufragati.
E poi approfondite col libro della Mannocchi, giornalista d’inchiesta che in Libia vive e lavora. E che, senza che tu te ne accorga, rende pian piano tua la storia del popolo libico attraverso i suoi anni recenti, attraverso gli italiani ed i francesi corrotti, Gheddafi ed i nuovi signori della guerra. E che ti racconta poi il dramma assoluto e disumano dell’immigrazione nei suoi giorni libici, un dramma di cui noi sulle nostre spiagge vediamo solo l’ultimo atto, che nonostante tutto ciò cui assistiamo è sicuramente il più felice. Il tutto tramite la testimonianza superba, nella sua atrocità, di Khaled trafficante di uomini.
Khaled che voleva fare l’ingegnere per aiutare la sua terra, che ha combattuto per la libertà contro il tiranno e che, da vittorioso, ha conosciuto la sconfitta che solo la realtà cinica riesce ad infliggere. Khaled ora trafficante di uomini, che deve nascondere a sé stesso i propri rimorsi, convincersi che è tutto normale e che lui non è neanche il peggiore tra i tanti che sfruttano chi è alla ricerca di un futuro migliore. Che ha imparato a conoscere e disprezzare la gente, la sua gente che ieri inneggiava al leader e poi ne ha festeggiato la morte, e che ora continua a vivere nella propria ignavia.
Un dramma che lascia apparentemente sullo sfondo quello parallelo dei migranti somali, siriani, africani tutti, merce da depredare privata di qualsiasi umanità, violata come oggetto e torturata senza rimorso. Non-persone stipate in disumani centri di raccolta da noi finanziati, poi ammassate sui carri e sulle barche abbandonate al mare, che le restituisce al mattino con tracce della loro storia. Un sandalo da bimbo, un infante fasciato al corpo della madre, una camicia strappata da qualcuno che si aggrappava. In realtà, tra i due, il dramma vero di cui parla la Mannocchi è il loro.
Roma, 7 Febbraio 2019 – Leggimi anche su
https://www.goodreads.com/review/show/2698694208
Un pensiero riguardo “Khaled”