La calunnia

Piazza San Venceslao, vedi nota (Praga, 1990).

Racconta il buon Gioachino Rossini nella sua opera Il barbiere di Siviglia del 1816:

La calunnia è un venticello,
un’auretta assai gentile
che insensibile, sottile,
leggermente, dolcemente
incomincia a sussurrar.

Piano piano, terra terra,
sottovoce, sibilando,
va scorrendo, va ronzando;
nelle orecchie della gente
s’introduce destramente
e le teste ed i cervelli
fa stordire e fa gonfiar.

Dalla bocca fuori uscendo
lo schiamazzo va crescendo
prende forza a poco a poco,
vola già di loco in loco;
sembra il tuono, la tempesta
che nel sen della foresta
va fischiando, brontolando
e ti fa d’orror gelar.

Alla fin trabocca e scoppia,
si propaga, si raddoppia
e produce un’esplosione
come un colpo di cannone,
un tremuoto, un temporale,
un tumulto generale,
che fa l’aria rimbombar.

E il meschino calunniato,
avvilito, calpestato,
sotto il pubblico flagello
per gran sorte ha crepar.

Cesare Sterbini / Gioachino Rossini

La calunnia come strumento potenzialmente micidiale per arrivare ai propri obiettivi era in uso allora, ieri come oggi. Bisogna essere predisposti, bisogna essere capaci di non preoccuparsi delle conseguenze per gli altri, insensibili al male che da ciò può derivare. Come i ratti, essere solo preoccupati della propria sopravvivenza sino al cannibalismo.

A volte non riescono e ne appare chiaro il disegno, vengono smascherati e condannati. Più spesso, come quei ratti e nell’ombra, raggiungono il proprio scopo. Distruggono la verità, e con essa la vita delle persone. Lo ha raccontato Rossini e lo ha raccontato da Praga il buon Kafka con gli occhi della vittima incredula nel suo capolavoro Il processo. Così va la vita.

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Da Goodreads sul libro
“Il processo” di Franz Kafka

E invece càpita

“Qualcuno doveva aver diffamato Josef K., perché, senza che avesse fatto nulla di male, una mattina venne arrestato.”

Senza conoscere l’accusa, senza poter imbastire una difesa che non sia la sua vita irreprensibile, con l’ansia crescente di non riuscire a trovare il filo della questione, il modo per protestare la propria assoluta innocenza di fronte ad accusatori nell’ombra e in malafede o approssimativi. Ed infine la sua vita completamente sconvolta di fronte alla condanna ingiusta, ma inevitabile. Una condanna a morte.

Una vicenda assurda, che ben esemplifica l’aggettivo ‘kafkiano’ nel raccontare l’incomprensibilità e l’assurdità delle situazioni in cui potrebbe trovarsi a volte l’esistenza umana, tragicamente al di là dei meriti e delle colpe. E si potrebbe sperare che non sia così, che ci sia sempre una spiegazione anche nelle vicende più assurde e che quanto il buon Kafka ci narra, qui e altrove, non possa capitare. 

E invece càpita.


Roma, 16 Marzo 2019 – Leggimi anche su
https://www.goodreads.com/review/show/2744260609

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Nota:

Il 19 Gennaio 1969 in piazza San Venceslao il giovane studente di filosofia Jan Palach si diede fuoco morendo dopo tre giorni di agonia, primo di cinque. Sul modello dei monaci buddisti del Vietnam, volevano attirare l’attenzione sulla repressione sovietica della stagione riformista cecoslovacca nota come Primavera di Praga. E’ oggi ricordato come martire della libertà con una lapide in piazza San Venceslao che ne ricorda il sacrificio.

Per saperne di più
https://it.wikipedia.org/wiki/Jan_Palach

2 pensieri riguardo “La calunnia

  1. Certi soggetti nascono già predisposto perché legati al filo dell’invidia patologica. È più forte di loro. 🙂 ben arrivato da me. Comunque ti consiglio di leggere il libretto dell’opera rossiniana…. è uno spartito da dove attingere saggezze. 😊

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