La rosa

Rosa nuova (Roma, 2019).

Ci sono auguri e fiori, segno di attenzione e sentimenti, che nascono spontanei, che si porgono senza timori sapendoli benvenuti, immaginando il sorriso sincero in chi li riceve, pregustando una carezza e un abbraccio. Ci son stati già, bello sarebbe fosse sempre così.

E ce ne sono stati altri, accettati con malcelato fastidio, magari un sorriso forzato e quasi con parole di circostanza. Fiori tenuti distanti dal cuore, distrattamente penzolanti tra le mani, sbirciati con pensieri lontani. E destinati a un cassonetto senza il tempo di sfiorire.

Da portatori di felicità sarebbero i più belli del mondo, saperli sviliti e derisi è invece cosa triste. La vita ne decide il destino, per la parola giusta o sbagliata, il caso o la volontà. Decide il destino dei fiori e della rosa del bouquet, che tanto rappresenta. O tanto poco.

Cara la mia rosa solitaria, non posso saperti persa nel vuoto di attenzioni, immaginarti un fastidio e priva di poesia. Per ora puoi restare qui, simbolo di auguri comunque sentiti, e a narrare d’amore a chi vorrà, quando vorrà, ascoltarti di nuovo con animo aperto e sincero.

Una postilla. Se pensate che tutto ciò sia abbastanza stupido, non dovete credere che io non me ne renda conto. La realtà è ben presente nella mia mente, ove però c’è sempre spazio per il sogno bello e irreale. Si sa, con la mente si vive quel che si sente, e con il cuore ancor di più.

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Cosa c’è di più patetico di un innamorato non corrisposto? Forse solo colui che si ostina comunque a credere in quell’amore. Perché ne ha riconosciuto la valenza assoluta, perché può dare un senso migliore alla vita di entrambi. E poco importa che ai suoi folli occhi l’immagine dell’oggetto del suo amore sia forse solo una pura illusione, che egli sia sotto un incantesimo che gliela rende degna a dispetto della realtà. Egli la eleva perché il suo amore venga elevato, la nobiltà di quei sentimenti e anche il suo percorso esistenziale.

E l’innamorato di una illusione oltre l’evidenza per antonomasia è il buon don Chisciotte. La sua Dulcinea forse non è la nobile dama della sua immaginazione, quella che lo porta a vedere valorose imprese anche laddove la realtà è ben diversa e poco eroica. Ma è il suo stesso amore che la rende bellissima e unica, e degna dei quei sentimenti. Se lei sapesse riconoscerli ed accoglierli, il buon cavaliere e la sua dama vivrebbero di quella vita nuova. Ma anche così, triste e solitario, è un bell’amore in cui credere. E che rende migliori.

Da Goodreads sul libro
“Don Chisciotte della Mancia”
di Miguel de Cervantes Saavedra

Una bella sorpresa dal passato

Ed infine, dopo essere sopravvissuto ai classici di Dostoevskij, ho pensato di essere pronto per cominciare i grandi classici della storia della letteratura moderna. Quelli di cui ci hanno fatto leggere qualche brano a scuola, quelli che più o meno conosciamo per i mille riferimenti che troviamo nella nostra cultura. Quelli che però in realtà non abbiamo letto nella loro realtà di romanzo dall’inizio alla fine, quelli come il don Chisciotte di Cervantes.

Che essendo per gli esperti il primo romanzo cosiddetto ‘moderno’ della letteratura mondiale, meritava senz’altro considerazione. Ed in effetti aveva la mia, fosse solo per la fascinazione generata nel mio immaginario dalla follia di un uomo stupidamente fedele ad ideali di giustizia e di amore. L’unica preoccupazione era per il contesto e la forma, che dovevano essere inevitabilmente in relazione con l’epoca per volumi editi rispettivamente nel 1605 e nel 1615.

Immaginate dunque la sorpresa di scoprire un mondo vivo, articolato, di persone reali nei loro difetti e nelle loro virtù umane. Personaggi descritti superbamente all’interno di un mondo che, pur figlio del suo tempo, è ricchissimo di interazioni tra culture diverse, stratificazioni sociali e complesse relazioni di genere e di ruolo, paesaggi spettrali e lussureggianti, antica cultura e tradizioni popolari. Un mondo affascinante e che ti trascina nella lettura.

E se nella tradizione orale superficiale che tutti conosciamo don Chisciotte è solo un povero uomo che confonde mulini a vento per giganti da combattere, nella realtà il romanzo parla sopratutto di storie di amore. Lo fa con sensibilità e rispetto, con gentilezza ed empatia. L’empatia con cui Cervantes segue tutti i personaggi, a partire dal folle don Chisciotte comunque ammirevole e dal sempliciotto Sancio Panza scoprendone la fine intelligenza e la devozione.

Sono stato molto contento di aver letto di loro, e dei mille altri personaggi che intorno a loro hanno raccontato la loro profonda umanità tra sofferenze ed avventure. Ladri e assassini, popolane trasmutate idealmente in principesse e dame di corte, preti saccenti e signorotti nel loro castello, cavalieri erranti veri e presunti: tutti questi personaggi sono vivi e reali, vengono offerti in dono alla nostra curiosità e ci ammettono nel loro mondo di virtù e difetti. Ed è bellissimo.


Roma, 14 Ottobre 2019 – Leggimi anche su
https://www.goodreads.com/review/show/2907859616

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