
Mi infilo il giaccone, metto la sciarpa e guardo mio padre seduto davanti la televisione, gli poggio una mano sulla spalla per salutarlo prima di andare, lui si volta verso di me e mi sorride. ‘Che mi dici?’ mi chiede. Me lo ha già chiesto poco tempo fa. ‘Va tutto bene, papà, più o meno. E tu che mi racconti di bello?’ gli chiedo, di nuovo. E la risposta da un po’ di tempo, così come poco prima, è invariabilmente la stessa, ‘Che vuoi fare, la vita è una ruota che gira. Mi è andata bene, quello che dovevo fare l’ho fatto’. E poi, se è ispirato, comincia a raccontarmi di qualche lontano episodio della sua infanzia e giù di lì, dell’amata Barcellona e del parco del Tibidabo, di quando entrava gratis allo stadio della sua Lazio alla fine delle partite, o di quando ha imparato a portare i suoi camion durante il servizio militare dalle parti di Lignano Sabbiadoro, su verso il confine. I suoi amati camion.

Storie agli albori di una vita semplice, ma in prima linea. Ogni giorno alzarsi prima del sole, prendere il suo caffè freddo della sera prima, andare nella babele dei mercati da solo a fare la spesa, tornare al negozio per scaricare e sistemare le mostre, e poi i clienti. Un riposo dopo il pranzo rigorosamente con la famiglia per poi ricominciare fino all’ora tarda di cena, alzandosi prima degli altri mentre ci augura la buona notte con un sorriso. Senza ferie fino agli ultimi anni, senza malattia e con gli occhi lucidi per la febbre mentre sorride alla signora puntigliosa. E incrociando ogni tanto i figli durante la giornata, senza il tempo e senza i mezzi per approfondire la confidenza, la conoscenza dei loro mondi paralleli. Però esserci, figura ben definita e di riferimento, insieme alla sua sposa. Con cui scambiare segnali in francese, nel loro codice segreto, ed apparire davanti a noi come una cosa sola.

Le cose antiche, quelle, se le ricorda bene. Ma se ora gli chiedi se ha mangiato a pranzo, anche solo se ha mangiato, non te lo sa dire, non se lo ricorda. Dicono che la malattia fa così. Ogni tanto magari si diverte a farmi l’elenco di seguito dei nomi dei cinque figli ed anche gli anni della loro nascita, quasi giusti, e poi anche i nomi di tutti i suoi sette nipoti che adora e che lo adorano per la sua dolcezza di nonno. Non vuole dimenticarli, almeno quelli vuole che non si perdano dalla sua memoria. Mentre il resto pian piano si smarrisce, sempre più sfilacciato, sempre più soffuso. Se gli fai presente che qualche cosa che ti ha detto della sua giornata non può essere andata così, non si inquieta, comprende ciò che sta accadendo. Allora ti guarda, ti sorride quasi chiedendoti scusa, e con voce più bassa ti dice ‘Può darsi. Sai, non mi ricordo più le cose così bene come una volta. Sarà come dici tu’.

Ora è anche più stanco. Le sue belle passeggiate per restare in forma, per il giornale ed un caffè, sono più rare, lo forziamo noi. Continua però con i suoi pedali sotto il tavolo davanti alla televisione, pedala. Il mese scorso è stato ricoverato per giorni per una emorragia interna da medicinali, e solo ora comincia a camminare un poco meglio, quasi come prima. Quasi. Ma era molto peggiorato, in modo improvviso, come accade sempre e come nessuno al solito si aspetta. Sta perdendo parte della sua autosufficienza di cui era intimamente fiero, il non aver bisogno e non dover chiedere, e la cosa dentro di sé pesa. Tra il corpo che lo tradisce e la mente che si opacizza, sempre più i suoi discorsi mi parlano della fine del ciclo, di lasciare spazio ad altri, i giovani, è giusto così. Serenamente, guardandomi negli occhi, pensando parole che non può dire. E mi sorride, come sempre, ancora una volta.

Tenero racconto.
Situazioni che ho vissuto anche io.
Papà mi ha lasciato tre anni fa.
A 96 anni…
Il tuo racconto me lo ricorda.
Un sorriso.
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Grazie. I padri, quelli bravi, son tutti stupendi e son coloro che ci hanno fatto diventare ciò che siamo.
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È sempre stato un uomo speciale per bontà e sacrificio solo che lavorava nelle retrovie e la sua grandezza l’abbiamo compresa appieno con la maturità.
Oggi mio padre è il mio terzo figlio. ❤️
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E tu sei la figlia che tutti vorremmo.
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Meraviglioso, mi ha fatto vibrare dolcemente.
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Grazie, credo tu conosca quelle emozioni.
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Un post emozionante. La dolcezza delle tue parole fanno rivivere in ciascuno di noi i momenti meravigliosi vissuti con i propri genitori. La mia mente è andata subito al mio povero Babbo e all’amore che ho provato e provo ancora per lui
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Grazie. So che sono sentimenti importanti, quelli belli e anche quelli più difficili. E son contento di essere riuscito ad esprimerli in modo che possano essere riconosciuti da chi ne ha vissuti di simili, se non identici.
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Ho letto il tuo post una settimana fa e mi sono commossa. L’ho trovato molto delicato e vero ritrovando nelle tue parole mio padre. La stessa notte lui mi ha lasciata e oggi, una settimana dopo, rileggo le tue parole… Grazie
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Mi spiace tanto. Sai che non ti lascerà mai, e sarà sempre con te. A farti compagnia e darti i suoi consigli nel bisogno, tra le persone più preziose della tua vita.
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L’ha ribloggato su A roman's thoughtse ha commentato:
Un abbraccio ai bravi papà del mondo. Il mio ha avuto una bellissima vita ‘normale’. Ed ha un sorriso tutto speciale di cui vi avevo già parlato. 🙂
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Caro Roberto parole e foto che commuovono fin nel profondo. Teneramente. Grazie per questa testimonianza d’ amore. Ti abbraccio lasciandoti una poesia. Spero tu gradisca. Isabella
Chissà su quale sponda
Strano
come tutto
sia cambiato
in poco tempo.
Sorridevi sempre,
come fai anche ora.
Ma non è
la stessa cosa.
Oggi
il tuo sorriso è
misto ad un lamento,
che aumenta d’ intensità
quando i tuoi occhi
ci guardano,
senza più nulla
riconoscere.
Forse avverti qualcosa
ancora,
chissà,
le nostre voci,
una carezza fatta
sul tuo volto
ancora bello.
Ma come
sei persa
nel tuo mondo ormai,
fatto di nebbia sottile,
impenetrabile.
Come vorrei
che mi parlassi
ancora,
dandomi saggi consigli.
Ma più non sai
articolar parole
che sentir si possano
chiare.
Come sei lontana,
così disperatamente
irraggiungibile.
Isabella Scotti 2018
testo : copyright legge 22 aprile 1941 n° 633
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