Il concerto

Primo Maggio, San Giovanni (Roma, 2005).

Il concerto è musica, ma è anche molto di più. E’ musica insieme, è aspettativa e organizzazione, difficoltà ed entusiasmo, sudore fuori dai cancelli nell’attesa, chiacchiere tra amici vecchi e nuovi una volta entrati mentre si aspetta, sono le luci che si abbassano e gli sguardi in trepidazione, è l’urlo e l’applauso liberatorio. E’ cantare insieme, è ballare abbracciati. E’ emozionarsi e sorridere, sentirsi parte di un tutto, sentirsi speciale tra pari. Ascoltare parole che sembrano essere scritte solo per te, socchiudere gli occhi e accarezzarsi con esse l’anima. E’ chiedere il bis e riceverlo. E’ avviarsi verso casa contenti, dopo l’impresa. No, un concerto non è solo musica, come ho già detto è molto di più.

Primo Maggio, San Giovanni (Roma, 2005).

I primi concerti che ricordo distintamente furono quelli dei miei cantautori al Gianicolo. Una serie infinita di serate a 500 lire con tutti i più grandi di allora, da Bennato a Lolli. Era Guccini che ci esortava alla teoria della mezza chiappa, perché così avremmo occupato meno spazio e ci saremmo stati tutti in quella piazza. Erano gli Inti Illimani che ci invitavano a urlare col pueblo unido, ed era il Banco del Mutuo Soccorso con l’improbabile Di Giacomo che ti emozionava cantando dell’amore primordiale. Erano gli amici che si ritrovavano lì da tutta la città e che si incontravano fuori dai cancelli, e che poi tornavano a casa a piedi nella notte senza soldi per una birra, abbracciandosi per la buona notte.

Fiorella Mannoia, Circo Massimo (Roma, 2005).

E poi furono i concerti dei grandi spazi alle Capannelle, fuori dal cerchio dei soliti nomi. Ci si avventurava già dal primo pomeriggio per ascoltare i grandi della musica internazionale del momento, dalle chitarre dei Dire Straits al country melodico di Neil Young, da Zucchero astro nascente al jazz fusion dei Weather Report. Che erano veramente un avvenimento epocale per noi. Ascoltare il sax di Wayne Shorter e le tastiere di Joe Zawinul insieme al basso rivoluzionario del compianto Jaco Pastorius ci portava in una dimensione nuova, ci faceva sentire parte di una comunità universale di conoscitori della buona musica per giunta sofisticata, di persone migliori. Sapete, quelle solite scemenze giovanili.

Jovanotti, Circo Massimo (Roma, 2005).

E poi la vita ci allontanò dagli amici, portandoci per le strade della diaspora. Tornarono i concerti in spazi più piccoli, con pochi amici cari o magari con la propria bella, a volte anche da soli e magari pure sotto la pioggia. C’erano ancora De Gregori e Dalla a riportarci ai tempi migliori con le loro canzoni. C’era anche il grande De Andrè rinnovato con la PFM a ricordarci i tempi gloriosi. Ma era sopratutto il tempo della riflessione su noi stessi e di Giorgio Gaber, principe dell’autocritica. Lo vidi a Roma e poi ancora a Milano ed ogni volta che potevo, implacabile osservatore dell’animo umano. Dei nostri ideali di libertà, si, ma sopratutto delle nostre ipocrisie. Tristemente limpido, ti lasciava con l’amaro della realtà.

Elton John, Colosseo (Roma, 2005).

Ma la realtà amara non ci fa rinunciare comunque alla nostra resilienza. Ci sono valori nel nostro intimo che non potremmo mai rinnegare, nonostante tutto intorno a noi sembri suggerirci contrario. E li trovavamo ad esempio nei testi di Fossati, anche ben interpretati dalla Mannoia. Ai loro concerti si parlava di amori difficili e lontani e di vite complicate, ma anche della volontà di uscirne più forti e con la speranza. E poi di grandi valori e di grandi spazi. Testi da cantare insieme, testi da cantare dentro, che ci permettevano di commuoverci e sentirci ancora dalla parte giusta del mondo. Un mondo molto più complesso di quanto eravamo giovani, e anche molto meno condiviso, comunque nostro.

Zucchero, Circo Massimo (Roma, 2005).

Ed il finale sarebbe stato col botto. Tornato a Roma, trovai una grande stagione di concerti gratuiti, e furono anche miei. Dal concerto del 1° Maggio a San Giovanni ad Elton John al Colosseo, all’enorme spazio del Circo Massimo. Li furono un memorabile concerto di Jovanotti ed un ancor più memorabile ‘Live Aid 8’ con i più grandi interpreti del momento. Sino al concerto finale del tour europeo dei Genesis. Si, i vecchi Genesis vennero a chiudere la loro carriera europea da noi, che li avevamo amati e resi famosi. C’era anche Peter Gabriel in città, e tutti i 500.000 della spianata pregarono che si unisse agli antichi amici. Non avvenne, perché la vita è fatta così, ma fu comunque indimenticabile.

Genesis, Circo Massimo (Roma, 2007).

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